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Legge Regionale n°29/1998

Programma Integrato 2003 per il Centro storico di Iglesias

Progetto Operativo


DATI STORICI

La storia di Iglesias è strettamente legata allo sfruttamento dei filoni metalliferi della zona fin dal periodo fenicio-punico e romano, tuttavia l’attuale centro urbano, ovvero la medievale Villa di Chiesa, non pare rappresentare secondo la maggior parte degli storici la continuazione pura e semplice di un precedente nucleo insediativo; secondo i più recenti studi la scelta del sito e la morfologia urbana sono il risultato dell’iniziativa signorile di età pisana, accentuata dalla realizzazione del castello di Salvaterra e del recinto murario di perimetrazione dell’abitato.

L’operazione urbanistica che ha creato la forma della città appare cioè un fatto assolutamente nuovo rispetto alla storia dell’Isola che da sempre era rimasta estranea a quel fenomeno di incastellamento, tipico invece di molte regioni del Mediterraneo a partire dalla mutazione feudale del X e Xl secolo. L’attuale nucleo storico della città, in buona parte ancora cinto da fortificazioni, non ha dunque origini autoctone ma va riferito all’affermarsi dell’egemonia pisana in alcune parti dell’Isola nella seconda metà del secolo XIII tra le quali, appunto, la ricca valle del Cixerri che attraversa l’Iglesiente in direzione di Cagliari. È noto infatti che, tra il 1256 e i 1258, per iniziativa congiunta del Comune di Pisa e di tre delle più potenti famiglie nobili pisane si ebbe l’epilogo della storia del Giudicato di Cagliari come entità autonoma e il conseguente smembramento del Giudicato. I Visconti, già padroni del Giudicato di Gallura, ebbero la parte orientale, i Da Capraia, già signori dell’Arborea ebbero la parte centrale e i Donoratico della Gherardesca la parte occidentale. Questa fu poi divisa tra i due rami della famiglia che si intitolarono perciò “Signori della sesta parte del Cagliaritano”.

Il controllo pisano della valle del Cixerri e la stessa organizzazione urbana di Iglesias non agirono tuttavia su un contesto territoriale vuoto, privo cioè di una organizzazione socio-economica e di una articolazione residenziale e produttiva. La presenza infatti nel territorio di alcuni edifici di culto che sicuramente precedono l’arrivo dei pisani (su tutte le chiese di San Salvatore e di Sant’Antonio), ed altre fonti scritte e materiali dimostrano l’esistenza di numerosi piccoli borghi agricoli facenti parti della Curatoria del Sigerro. È così ipotizzabile che l’azione congiunta dell’iniziativa signorile e delle enormi potenzialità minerarie della zona fecero di Iglesias il centro di organizzazione del territorio e la nuova città, per effetto dell’incisiva azione svolta dai pisani, esercitò su di esso una attrazione cosi profonda da modificare le forme dell’insediamento quali si erano tradizionalmente formate nei secoli precedenti.

I documenti d’archivio attestano che la più antica menzione di Villa di Chiesa è del 1272, quando il territorio del Cixerri non era ormai più una Curatoria giudicale ma un possesso privato di Ugolino della Gherardesca. Benché non si abbiano notizie certe né sulla data di realizzazione della prima cinta muraria, né sulla sua corrispondenza con quella riprodotta dalla prima cartografia storica che risale al secolo XVIII, gli storici sono concordi nel ritenere che esse debbano essere attribuite proprio al dominio di Ugolino e al successivo controllo pisano sul territorio. Le recenti opere di scavo, restauro e valorizzazione di ampi tratti delle mura, che fino a qualche anno fa erano completamente interrati, confermano in effetti che le parti esistenti del tracciato pisano originario non sono state modificate o ampliate e che esso era stato progettato da Ugolino e realizzato in età pisana con tale lungimiranza da potere accogliere la crescita della città che si manifestò per tutto il XV secolo ed oltre.

Il maggior splendore di Villa di Chiesa venne proprio allorché fu ceduta ai conti di Donoratico. Sotto il dominio del conte Ugolino della Gherardesca e dei suoi figli la città fu dotata di mura, di pregevoli costruzioni, di eleganti chiese protetti dall’alto dal munito castello di Salvaterra. La città era divisa in quattro quartieri, una zecca coniava monete d'argento, il suo statuto, il famoso “Breve di Villa di Chiesa”, raccoglieva non solo le disposizioni di statuti precedenti, ma un ampia serie di norme consuetudinarie che miravano a disciplinare la vita di una popolazione composita e la gestione dell'attività mineraria attraverso una serie di interventi sociali a tutela dei minatori che era certamente all'avanguardia per i tempi.

Villa di Chiesa ricoprì poi un ruolo assai  importante nell’ambito della conquista catalana della Sardegna pisana fin dalle prime operazioni militari avviate nel 1323 con lo sbarco nel golfo di Palmas e l’assedio della città. Non a caso le cronache del tempo da cui è possibile attingere le prime notizie sulle mura ed il castello si intensificano proprio a partire dal XIV secolo. In un documento del 1308, costituito da una relazione al re d’Aragona sullo stato delle fortificazioni iglesienti, si riferisce che esse erano ancora sufficientemente solide ma bisognose di riparazioni, mentre alcuni documenti successivi attestano che alla vigilia dell’assedio e dell’invasione aragonese le mura erano state oggetto di intensi e urgenti lavori di rafforzamento e fortificazione. Secondo il cronista dell’epoca, Vanni Gattarelli, i pisani meditavano addirittura di distruggere il castello, allora denominato di S. Guantino, a causa della diffidenza verso la popolazione locale ritenuta in gran parte ancora legata all’ideologia guelfa.

Un altro documento del 1323, un verbale di interrogatorio di un messo pisano, conferma infatti che il circuito delle mura non era completo anche se erano completi il fossato e lo steccato, che erano presenti venti torri ed inoltre che una delle due torri del castello era murata, ma l’altra ancora semplicemente fondata. È pertanto assai verosimile che in epoca pisana si era avviata la realizzazione delle mura nelle sole parti in cui l’orografia dei luoghi non consentiva da sola una efficace difesa della città e che pertanto le parti in rilevato, protette dalla naturale orografia dei luoghi, fossero rimaste provvisoriamente protette solo dal fossato e dalla palizzata in legno. Gli eventi bellici, che costrinsero la città alla resa il 7 febbraio 1324, causarono l’abbandono della città e del castello di Salvaterra da parte dei pisani e la concessione deI territorio a Berengario Carroz, figlio dell’ammiraglio comandante la flotta aragonese.

Nell’ambito della guerra diretta alla conquista dell’Isola che vide opporsi gli Argonesi al regno di Arborea, Iglesias, che fin dal 1354 si era schierata con le truppe oristanesi, dopo una rivolta degli Iglesienti, fu occupata da Mariano IV nel 1365 e restituita ai Catalani solo nel 1388 in base al trattato stipulato in quello stesso anno. tra Eleonora d’Arborea e Giovanni I d’Aragona. Tali accordi, rivelatisi in realtà una semplice tregua, portarono ancora gli eserciti a fronteggiarsi in Sardegna e Iglesias subì un duro attacco nel 1391 con le truppe dirette da Brancaleone. Il castello fu lungamente assediato fino alla resa che si concluse nel 1392 sancendo nuovamente il controllo della città da parte dell’Arborea fino alla pace di Sanluri del 1409. Al sardo Giovanni De Sena che aveva espugnato la città ribelle fu concesso il feudo di Iglesias ed il castello di Salvaterra. Entrata a far parte dei possedimenti della famiglia Carroz, Iglesias si riscattò definitivamente nel 1479 entrando a far parte del patrimonio della Corona d’Aragona.

Nella seconda metà del Quattrocento, la città aveva intanto raggiunto quell’assetto urbanistico destinato a rimanere pressoché immutato nei secoli successivi. Il perimetro murario costruito in età ugoliniana e consolidatosi in epoca aragonese era costituito da un circuito fortificato di circa 1600 metri e una superficie cintata di circa 18 ettari. Il recinto era intervallato da numerose piccole torri di guardia dalla consueta fomta ad U aperta verso l’interno e munita di porte di transito verso il passo di ronda, feritoie, cisterne secondo uno schema costruttivo molto simile a quello del castello di Acquafredda. Il recinto era inoltre interrotto da quattro porte di accesso: a nord la Porta di S. Antonio, si apriva verso Flumini; a sud-est la Porta Castello, verso la chiesa di Valverde e, più oltre verso Domusnovas; poco distante la Porta Maestra, poi Porta S. Sebastiano, attraversata dalla ruga magistra che proseguiva all’esterno verso Cagliari; in direzione di Gonnesa e del bacino minerario infine la Porta Nova, già Porta Monte Barlao.

L’ampia documentazione relativa agli eventi del secolo XVI e XVII attesta le crescenti difficoltà del Comune a provvedere alla manutenzione delle opere pubbliche della città e, per contro, un evidente disinteresse del governo spagnolo verso la città, in conseguenza delle diminuite rendite derivanti dall’estrazione mineraria. Dal tenore complessivo della corrispondenza e delle disposizioni comunali e vicerali di quel periodo si evince che le devastazioni e i frequenti crolli delle mura rendevano sempre più problematica ed infine impossibile la difesa della città e che i continui rabberciamenti disposti nel tempo per arginare le situazioni di pericolo non raggiunsero mai la dimensione di un intervento organico.

A partire dal primo Ottocento si conferma una tendenza allo smembramento e allo scavalcamento delle mura, come indicato nella successiva cartografia storica che mostra una città in lenta espansione lungo la direttrice della “Strada Reale” per Cagliari e lungo quella degli insediamenti minerari che a partire dalla metà del XIX secolo conobbero uno sviluppo vigoroso con i grandi nuclei di Monteponi, Campo Pisano, e numerosi altri. Gli interventi di demolizione del recinto murario, sostenuti dalla nuova crescita dell’abitato, dalle esigenze del traffico e del commercio, e dalla necessità di reperire nuove aree non solo per abitazioni, ma anche per edifici e spazi pubblici, si intensificarono alla fine dell’Ottocento e condussero alla rimozione di più della metà della cortina o, in qualche caso, alla loro riutilizzazione all’interno delle nuove edificazioni della città borghese.

Per quanto riguarda le condizioni economiche della popolazione residente, la documentazione d’epoca fornisce precise indicazioni sulla situazione di estrema povertà nella quale si dibatteva una popolazione ancora numerosa (al censimento degli inizi del XVII secolo contava ancora 1.047 fuochi, a fronte dei 1.967 di Cagliari, ai 2.777 di Sassari ed ai 690 di Oristano). Nonostante l'assenza di operazioni estrattive, evidentemente una certa attività agricola assicurava il sostentamento della città. Tra il 1652 e il 1656 una pestilenza arrecò danni che però non furono così gravi come quelli della carestia del 1680. Bisogna aspettare la seconda metà del 1700, sotto il consolidato dominio piemontese, per assistere alla riapertura delle miniere di Monteponi (che peraltro furono richiuse nei primi decenni dell'800 a causa della cattiva gestione). L'azione di gruppi industriali del Continente diede vita nel 1850 alla società Monteponi. Se la produttività delle miniere saliva e la città iniziava a raggiungere un certo benessere, le condizioni dei lavoratori erano pessime, tanto che, dopo i fatti di sangue dei primi anni del '900, una commissione parlamentare di inchiesta accertò pesanti responsabilità. La situazione non registrò grandi cambiamenti se, dopo la guerra, scioperi e proteste si susseguirono tanto che l’11 maggio 1920 ad Iglesias in uno scontro con le guardie regie, sette minatori caddero e ventuno rimasero feriti. La crisi del settore minerario a partire dall’ultimo dopoguerra, ha imposto una fase piuttosto prolungata di ricerca di un nuovo equilibrio; attualmente si sta costruendo un nuova economia, soprattutto con il volano dello sviluppo turistico legato alla valorizzazione degli impianti e dei villaggi minerari ormai dismessi ed alle ricchezze storiche ed ambientali del territorio.
 

ARTE E ARCHITETTURA

La lunga ed appassionante vicenda storica di Iglesias ha lasciato tracce di particolare interesse nella bellezza delle opere d’arte che furono realizzate tra il XIV e il XVIII secolo da artisti e maestranze di diversa provenienza soprattutto in ambito religioso. Tra queste sono di particolare interesse le severe ed eleganti architetture delle chiese che tra lo stile romanico-pisano e quello gotico-catalano rappresentano, i tesori probabilmente più noti della città.

Particolarmente importanti in questo primo gruppo di chiese medievali sono la Cattedrale di S. Chiara, edificata tra il 1285 e il 1288 e poi ampliata e trasformata tra il XIV e il XVII, la chiesa e il convento di S. Francesco, la chiesa e il convento di N.S. delle Grazie, edifici questi costruiti tra il XIII e il XV secolo entro il perimetro delle mura, e, all’esterno di questo, di particolare interesse la Chiesa di N.S. di Valverde.

Tra le non poche chiese ricordate dal Breve di Villa di Chiesa di cui oggi esistono solo  poche tracce: la chiesa di S. Guantino, di S. Saturno, di S. Giovanni e di S. Lucia, cui era annesso un ospedale di rilevante importanza.

Lo sviluppo e il consolidamento della forma urbana all’interno del recinto fortificato pisano e aragonese determinò ancora, nei secoli XVII - XVIII, la progressiva realizzazione di ulteriori strutture religiose, civili e militari che conferirono all’attuale tessuto storico, assieme all’ampliarsi progressivo delle abitazioni, una configurazione rimasta sostanzialmente riconoscibile fino ad oggi. Tra le chiese di quel periodo occorre ricordare in primo luogo quella della Purissima edificata dai Gesuiti assieme al Collegio e numerosi ampliamenti e trasformazioni di chiese già esistenti che venivano regolarmente “adeguate” al nuovo gusto barocco. Di epoca successiva, tra il secolo XIX e il XX, sono infine gli edifici pubblici più rappresentativi come il Palazzo Municipale e il Palazzo Vescovile che, assieme alla Cattedrale definirono lo spazio della centrale piazza Municipio, o come il Carcere mandamentale e gli edifici scolastici (come le scuole elementari maschili e femminili, l’Istituto Minerario, ecc… ) che nello stesso periodo si collocarono negli spazi ancora liberi all’interno e all’esterno del recinto murario che cominciava da essere rapidamente smantellato per far posto alla crescita della città moderna in direzione della Strada Reale per Cagliari, a partire dal grande snodo della piazza Sella e in raccordo col nuovo anello stradale della via Roma che seguendo grosso modo l’andamento della cinta muraria, rese disponibili nuove aree per la prima fase di crescita ottocentesca.
 

NOTE URBANISTICHE E TOPONOMASTICHE

In epoca medievale la città era stata divisa in quattro quartieri denominati di S. Chiara, di Mezzo, di Fontana e di Castello a somiglianza della madrepatria Pisa che pure aveva adottato una divisione in quartieri. La costanza con cui tali denominazioni si presentano nei documenti fanno pensare ad una divisione progettata ed ufficiale che del resto fu mantenuta anche in epoca aragonese.

L’incerto riferimento della toponomastica antica ai suddetti quartieri impedisce di delineare con precisione i loro confini ed ostacola i tentativi di ricostruire con precisione la topografia originaria della città. Il quartiere di Castello traeva la sua denominazione dalla vicinanza con il castello e comprendeva la parte sud-orientale della città mentre il quartiere di S. Chiara aveva certamente il suo punto di riferimento nell’omonima chiesa. Meno evidente la collocazione del quartiere Fontana poiché le fontane citate dal breve sono almeno tre: quella detta di Piazza Vecchia, quella detta di Corradino e quella detta del Bagno. Una serie di documenti medievale già esplorati porta tuttavia ad ipotizzare tale quartiere nella zona nord della città con riferimento alla fontana che era terminale dell’acquedotto di Bangiargia. Documenti e testimonianze di età successiva individuano poi le altre fontane pubbliche dette di Sant’Antonio, Cixeddu e Maestra. Stazione intermedia dell’acquedotto era poi l’abbeveratoio di Is Griffoneddus. I confini dell’ultimo quartiere, quello di Mezzo sono i più indeterminati ma si ritiene che esso occupasse l’area nord occidentale della città. Con l’attuale piazza Collegio si può fare in sostanza coincidere la Piazza della Corte, quale centro della vita politica e amministrativa della città sulla quale doveva affacciarsi l’imponente palazzo costruito dai Donoratico (i cui resti furono inglobati in seguito nella sagrestia della chiesa dei Gesuiti e nel loro Collegio). Divenuto con la conquista aragonese il Palau Reyal, cadde in rovina forse dopo la rivolta del 1353 e certamente alla fine del XV secolo esso era già in rovina ed oggetto di parziale appropriazione da parte dei privati.

Tra gli altri edifici citati nel Breve di Villa di Chiesa, ricordiamo il Palasso di Villa di Chiesa, la Corte del Capitano e la domus consiliariorum in cui si riunivano i consiglieri della città. Tra le strade cittadine più importanti è spesso citata la ruga magistra, corrispondente forse alle attuali vie Martini e Azuni, la via Larga (oggi via Vesme - via Repubblica) che metteva in comunicazione diretta il centro politico, amministrativo e giudiziario con la strada che portava alle zone extraurbane a più alto traffico perché vicine alle linee di comunicazione con le zone minerarie. Nel settore occidentale della città esisteva il carrer de Santa Clara (attuale via Mazzini) e il carrer de Sanct Francesch limitrofo all’omonima Chiesa. Nel quartiere sud-orientale di Castello sono invece da collocare la ruga Castello, la ruga del Bagno e una non denominata via pubblica che correva all’interno delle mura lungo di essa a partire dalla Porta Castello.

La politica urbanistica iglesiente, impostata già in epoca ugoliniana, proseguì in epoca pisana e poi aragonese con una serie di disposizioni molto dettagliate finalizzate ad una crescita demografica ed edilizia che contribuirono non poco  alla costruzione del tessuto urbano. Il sistema della residenza sembra mostrare per lo più case ad un piano e dunque di norma prive di botteghe al piano terra contrariamente al coevo schema pisano che, sviluppandosi in altezza consentiva la realizzazione di spazi di lavoro al piano terra. Lo spazio abitativo tendeva invece ad espandersi fuori dalla casa mediante piccoli tetti in legno che si protendevano sulla strada poggiando su colonne e creando i cosiddetti ombrachi in cui si svolgeva buona parte dell’attività lavorativa e della vita sociale.

Il Breve conteneva precise indicazioni circa le modalità di costruzione di queste strutture che non potevano superare una data profondità e non potevano essere chiuse, e permetteva anche la costruzione di panche chiavate, ovvero di sedili in pietra che potevano essere posti sia trasversalmente sia parallelamente al tracciato stradale.

La città conobbe una vera rinascenza nella seconda metà dell’Ottocento, grazie allo sviluppo notevole dell’industria estrattiva ed al progresso che ne conseguì. La città venne lastricata e dotata di un moderno impianto fognario, la cui prima fase progettuale è dovuta all’opera dell’architetto Gaetano Cima, e di distribuzione idrica. Di pari a questa operazione venne portata avanti un’intensa attività di rinnovamento del patrimonio edilizio, dovuto principalmente a quanto disposto dal Piano d’Ornato del 1863. È a questa epoca che risale la ricostruzione dell’intera via stretta, destinata a divenire la via nuova per antonomasia, luogo di passeggio e centro commerciale della rinata città borghese e mercantile. Non fu un’operazione indolore, giacchè l’apertura al traffico dei carri obbligò a numerose rettificazioni del tracciato viario, disponendo l’abbattimento della quasi totalità delle fontane pubbliche, risalenti in buona parte al XIII/XIV secolo, e la demolizione di alcuni edifici di culto: la chiesa di san Nicola, nella piazza Lamarmora, per fare posto al nuovo rettifilo dell’attuale Corso Matteotti; l’oratorio della confraternita di san Marcello, che venne abbattuto di pari ad un centinaio di metri delle antiche fortificazioni per permettere l’edificazione delle nuove scuole pubbliche; l’abside della chiesa legata al convento di san Domenico, al fine aprire al traffico la nuova strada provinciale per il Fluminese, adattando così ad usi carrabili il letto del canale di scolo delle acque che dai declivi vicini traversavano il centro abitato. Nel frattempo, in seguito alla soppressioni degli ordini religiosi operate nel corso dell’Ottocento, buona parte del patrimonio ecclesiastico era stata alienata a privati (convento delle Clarisse e convento san Domenico), oppure riconvertita in scuole (convento san Francesco), opere di carità (convento Valverde), installazioni militari (chiesa san Francesco) o pubblici uffici (convento san Francesco), secondo tempi e modi comuni a tutto il Regno d’Italia.

La situazione urbanistica odierna della città di Iglesias è quello di un centro abitato in cui convivono due realtà urbane nettamente distinte: la città nuova, il cui progresso è del tardo Ottocento e del pieno Novecento, e la città medievale, di cui si è detto sopra.

Tuttavia, proprio in quest’ultima, dalla forma quadrangolare ed ancora individuata da una cortina muraria in parte conservata ed in parte testimoniata dall’anello viario di circonvallazione del complesso piazza Sella – via Gramsci – via Roma, sopravvivono due distinti contesti ambientali. Il primo, quello meridionale, è individuato dalla parte bassa della città, ricco di chiese e servizi e popolato dai ceti borghesi, come testimoniato dalla nobiltà delle architetture e dalla superiore qualità delle tecniche e dei materiali costruttivi. Il secondo, quello settentrionale, ancora oggi chiuso nella sua espansione dalle antiche mura merlate, è caratterizzato da un’edilizia povera e poco sviluppata verticalmente e risulta interamente edificato al di sopra della isoipsa dei 210 metri s.l.m. Divide idealmente in due il centro storico, secondo lo schema sopra descritto, l’asse viario di collegamento tra le porte Nuova (Monte Barlao) e sant’Antonio, oggetto preciso di un intervento di riqualificazione nel presente Programma Integrato (via Baudi di Vesme, via Repubblica,  piazza Collegio, via Manno, via Cavallotti, piazza Fenza).
 

DINAMICHE DEMOGRAFICHE, SOCIALI ED ECONOMICHE

Le fonti statistiche disponibili e più aggiornate circa gli aspetti demografici sono rappresentati dai risultati rilasciati dall’ISTAT relativi al Censimento effettuato nel 2001. L'analisi della dinamica demografica ha per obiettivo l’individuazione di eventuali aspetti critici circa l’evoluzione della popolazione residente. A tale scopo si riporta il trend registrato della popolazione del Comune di Iglesias negli ultimi decenni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il censimento ISTAT del 2001 ci informa che la popolazione del Comune di Iglesias presenta una consistenza pari a 28.129 unità. La densità demografica, uno degli aspetti più indicativi dello sviluppo di un'area, presenta a livello comunale un valore nettamente superiore a quello provinciale e regionale. Osservando l'andamento demografico tra il 1991 ed il 2001 si nota una contrazione della popolazione che in termini percentuali è pari al 3,5% per il Comune di Iglesias, 1,8% per la provincia di Cagliari e al 3% per la Regione. Ciò rappresenta una novità nel senso che, per la prima volta dal 1861, anno del primo censimento, si registra una contrazione della popolazione della provincia di Cagliari. Tale fenomeno si era già presentato, con riferimento all’ambito nazionale. Nel 1991 il censimento aveva fatto registrare una contrazione della popolazione di una percentuale pari allo 0,26%; mentre nel 2001, il fenomeno della contrazione della popolazione rallenta presentando un variazione percentuale pari allo 0,19%. Oltre al fenomeno del calo delle nascite, il territorio della provincia di Cagliari, è stato attraversato da un consistente movimento migratorio, che ha spinto una discreta parte della popolazione dai comuni interni verso l’area di cinta del comune di Cagliari.

L'analisi del movimento demografico consente l'individuazione degli aspetti che influiscono sulla variazione della popolazione di un determinato territorio. Alla luce del fatto che l'Italia è tra i paesi a livello europeo con i più bassi livelli di natalità, il tasso di natalità elaborato per il comune di Iglesias, con dei valori che decrescono dal 10 al 7 per mille nell'ultimo decennio, è da considerare relativamente positivo. Negli ultimi quattro anni il tasso naturale presenta valori negativi che oscillano intorno allo zero anche se dal 1995 assume esclusivamente valori negativi tra  zero e meno due.

I movimenti della popolazione hanno registrato sia dei flussi migratori dalla Sardegna verso altri territori, sia flussi all’interno della stessa regione con movimenti di popolazione proveniente dalle zone interne dell’isola verso i principali poli urbani (Cagliari, Sassari). Tuttavia, da una recente analisi (Piano Urbanistico della provincia di Cagliari), basata sui movimenti migratori registrati a livello comunale, è emerso che chi si cancella da comuni del Sulcis-Iglesiente si trasferisce o presso comuni della stessa area o presso il capoluogo di provincia.

Le prospettive di sviluppo naturale della popolazione sono influenzate in modo consistente dalla composizione per fasce d’età della popolazione. L'indice di vecchiaia riferito ai tre ambiti territoriali, comunale, provinciale e regionale dell'ultimo ventennio denota una tendenza generale verso il progressivo invecchiamento della popolazione con una tendenza che è leggermente superiore per il comune di Iglesias.

I dati consuntivi fino al 2001 confermano una costante riduzione del numero medio dei componenti delle famiglie. Questo fenomeno, nonostante sia accompagnato dalla contestuale riduzione della popolazione, determina un incremento notevole del numero delle famiglie censite. Nel 1951 a fronte di una consistenza della popolazione pari a 26.146 unità, si contavano appena 4.885 famiglie. Nel 2001, si registra una crescita della popolazione rispetto al 1951 di appena l’11% circa mentre il numero delle famiglie, nello stesso periodo, cresce del 108%.

I dati disponibili riguardanti il livello del reddito pro-capite della popolazione del comune di Iglesias sono di difficile interpretazione, tuttavia è possibile tentarne una stima grazie all’elaborazione di alcuni dati dell’Istituto Tagliacarne e dell’Osservatorio industriale. Nella graduatoria stilata dall’istituto Tagliacarne nella pubblicazione “I dati del reddito provinciale: il bilancio dell’ultimo decennio” (dati riferiti al 1999), la provincia di Cagliari si posiziona al 78° posto con un reddito medio pro capite pari a circa € 12.500. Lo stesso istituto rende disponibili  alcuni dati economici delle province italiane con dati aggiornati al 1996. La provincia di Cagliari presenta un reddito disponibile pro capite di poco inferiore a € 11.000 e si colloca in 80-esima posizione con un ritardo dal valore medio nazionale del 30%. La composizione dei consumi evidenzia, rispetto al dato italiano, una maggiore incidenza della parte alimentare che rappresenta il 18,6% del totale speso, a fronte del 15,9% nazionale. Oltre ai dati appena esposti, che indicano un discreto divario rispetto ai dati medi nazionali, l’Istituto fornisce ulteriori dati ed esprime alcune considerazioni che fanno intendere che la popolazione della provincia di Cagliari conduce un tenore di vita ben più elevato rispetto a quello che dovrebbe essere in funzione del reddito disponibile. Più precisamente, secondo i dati dell’Istituto, quella di Cagliari è una delle province del Mezzogiorno con il tenore di vita più elevato; ciò viene confermato dalla presenza dell'area nelle prime posizioni delle graduatorie ristrette alle province meridionali che si basano sugli indicatori legati all'utilizzo dell'automobile. Senza scendere in particolari si può dire che Cagliari è sempre la quarta o al massimo la quinta provincia del Sud per consumo di benzina per persona e per automobile, numero di autovetture immatricolate rispetto alla popolazione e percentuale di benzina senza piombo sul totale del venduto, sinonimo della presenza di un parco veicolare mediamente piuttosto giovane. Interessante notare anche come Cagliari sia sesta in Italia e seconda subito dietro Sassari nel Sud per consumo pro capite di energia elettrica a fini domestici”.

In un una recente analisi dell’Associazione Industriali della Provincia di Cagliari svolta in collaborazione con l’Osservatorio Industriale“Il futuro dell’industria in Sardegna - Il Sulcis–Iglesiente”, la popolazione dei Comuni appartenenti a tale area presenta un reddito medio pro capite pari a € 9.500 circa. Nell’analisi si evidenzia che ponendo pari a 100 il reddito disponibile della Sardegna, quello della Provincia di Cagliari è pari a 100,8 e quello dell’area del Sulcis-Iglesiente è pari a 86,7. All’interno di tale area, costituita da 26 Comuni, il reddito medio pro capite stimato per singolo comune è però parecchio differente. Si passa infatti da redditi pro capite piuttosto bassi dei comuni di Masainas, Perdaxius e Musei con valori che oscillano intorno a 60, a redditi pro capite dei Comuni di Iglesias, Portoscuso e Carbonia in linea con quelli registrati a livello regionale e provinciale. Da quanto sopra esposto è possibile concludere che il reddito disponibile della popolazione del comune di Iglesias non presenta particolari criticità ai fini della valutazione prospettica dell’investimento oggetto della presente analisi.
 
 

LA LEGGE REGIONALE N° 29 DEL 13/10/1998

L’approvazione della Legge Regionale 13 ottobre 1998 n. 29 finalizzata alla “Tutela e valorizzazione dei centri storici della Sardegna” introduce nel quadro legislativo regionale uno specifico strumento di programmazione “complessa” diretto alla salvaguardia, recupero e riqualificazione dei centri storici.

La nuova legge individua nei Programmi integrati dei centri storici gli strumenti privilegiati di intervento sul tessuto urbanistico ed edilizio da risanare, tutelare e valorizzare mediante progetti unitari da parte del Comune.

Questi nuovi strumenti si presentano come un insieme coordinato e sistematico di interventi, organizzato sulla base di una proposta unitaria, e prevedono la partecipazione di più operatori pubblici e privati ed al concorso delle relative risorse finanziarie.

Il ricorso a questi nuovi strumenti di intervento consente di candidarsi alla ripartizione delle risorse regionali finalizzate al finanziamento degli interventi e delle opere di ammodernamento e riqualificazione delle infrastrutture pubbliche e delle urbanizzazioni primarie del centro storico. È inoltre possibile il finanziamento, mediante l’assegnazione di un contributo variabile fra il 20% ed il 60 %, degli interventi privati di recupero primario dell’edilizia storico tradizionale ricompresa all’interno del centro storico.

L’Amministrazione Comunale di Iglesias ha pienamente colto il dato che le opportunità offerte dall’introduzione nel quadro normativo di nuove modalità di ripartizione delle risorse finanziarie, finalizzate al recupero, alla salvaguardia ed alla valorizzazione dell’identità storica, costituiscono una importante occasione per l’avvio di politiche più efficaci di tutela.

 

LO STATO DELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE

Il Comune di Iglesias sin dalla approvazione del proprio Programma di Fabbricazione (attualmente PUC), aveva individuato e perimetrato la zona “A”- centro storico. Al fine di rendere più concreta e incisiva l’azione di salvaguardia e tutela del patrimonio storico tradizionale del centro storico, l’Amministrazione promovette ed approvò il piano particolareggiato per il Centro Storico, con delibera del Consiglio Comunale del 25/02/1981 e n°71 del 23/03/1982, con le modificazioni e integrazioni di cui al Decreto dell’Assessore degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica n°1080/U del 20/07/1982 (pubblicato sul B.U.R.A.S. n°32 del 6/08/1982).

Esso ha posto le basi essenziali per salvaguardare gli aspetti architettonico, nei suoi caratteri fisico - morfologici, funzionale, nelle sue destinazioni d’uso, sociale, nella conservazione dei ceti sociali primari, ma ha reso evidente la necessità di procedere con maggiore efficacia al recupero del Centro Storico.

In seguito, si è predisposta una variante sostanziale e di ulteriore dettaglio al Piano Particolareggiato del Centro Storico che è stata pubblicata sul B.U.R.A.S. n°5 del 17/02/1994, previa adozione con Deliberazione del Consiglio Comunale n°102 del 28/04/1989 e approvazione in via definitiva con Deliberazione del Consiglio Comunale n°89 del 6/03/1990, con le modificazioni e integrazioni di cui alla Deliberazione del Consiglio Comunale n°52 del 29/06/1992 e alla Deliberazione del Commissario Straordinario n°1478 del 10/11/1993.

Essa ha individuato gli edifici che necessitano di un particolare inter­vento risolutivo di adeguamento alle attuali esigenze residenziali e di definizione della visione prospettica in un insieme più ampio e non limi­tato al solo edificio, riequilibrando i rapporti tra i pieni e i vuoti e salvaguardando i dettagli architettonici.

Gli obiettivi del Piano (che il Programma Integrato fa propri) possono essere così sintetizzati:

-     recupero e salvaguardia del patrimonio storico - tradizionale;

-     miglioramento della qualità abitativa attraverso puntuali interventi correttivi e integrativi delle principali disfunzioni riscontrate nel processo di trasformazione recente;

-     recupero dell’identità storica del centro, partendo dalla convinzione che nessuna comunità può rinunciare alla propria dimensione storico - tradizionale, tanto meno nel suo spazio di vita quale è il paese nelle sue strutture antiche.

Gli obiettivi primari di salvaguardia, tutela e valorizzazione dell’identità storico- tradizionale potranno essere perseguiti applicando lo strumento attuativo vigente, ma soprattutto promuovendo tutte quelle azioni tese ad approfondire e divulgare le conoscenze sul patrimonio tecnico-edilizio tradizionale (Laboratorio per il recupero del centro storico, incentivazione delle costruzioni con materiali storico tradizionali ecc..) e promuovendo inoltre la messa a punto di progetti e proposte unitarie che consentano di concorrere alla ripartizione delle risorse regionali.

 

OBIETTIVI E CONTENUTI DEL PROGRAMMA INTEGRATO

Il presente Programma si propone la riqualificazione di una porzione significativa del centro storico di Iglesias (poco più di un terzo) mediante un insieme coordinato di interventi, di iniziativa pubblica e privata, diretti al recupero ed al restauro:

-     di edifici privati appartenenti al patrimonio storico e tradizionale del centro stesso, tutti inclusi nel suo perimetro (Zona A) e tutti facenti parte del Piano Particolareggiato vigente,

-     di insieme di percorsi interni, costituenti integrazione organica di precedenti interventi dell’Amministrazione e suscettibili di formare un contesto urbano integrato riqualificato nei sottoservizi, nell’illuminazione pubblica e nelle superfici stradali;

-     di edifici pubblici, in quanto completamento di programmi edilizi ed interventi già avviati.

Il Programma si inquadra dunque in un complesso di azioni perseguite dall’Amministrazione comunale, tese alla riqualificazione del centro e che hanno già interessato l’insieme del nucleo storico e dei suoi monumenti. In questa fase l’Amministrazione intende completare il programma avviato negli anni precedenti realizzandone i punti qualificanti, tra cui appunto quelli assunti a base del progetto di intervento pubblico sono i fondamentali. Essi consentono la valorizzazione integrata del sistema complessivo del centro storico, la cui ricchezza fondamentale consiste nel rapporto tra gli spazi pubblici fatti di strade, slarghi e vicoli, di importanti monumenti religiosi e civili ed il tessuto compatto della residenza, nel rapporto fra lo spazio urbano e costruito, nel rapporto fra la cinta muraria e le aree naturali nelle quali si inseriscono, negli allineamenti e quinte edilizie formate dalle facciate della edilizia minore dei lotti gotici medioevali e da quella aulica dei palazzotti ottocenteschi.

 

IL RECUPERO PRIVATO

Le unità private interessate direttamente sono 62, rigorosamente selezionate tra molteplici richieste in quanto dotate di tutti i requisiti che consentono di classificarle come facenti parte a pieno titolo della memoria storica di Iglesias. Si tratta di case della dimensione media di circa 909,74 mc (circa 56.404 mc complessivi per le 62 unità), con punte sino ad oltre 4000 mc. (scheda n.295). L’attività di promozione del Programma da parte dell’Amministrazione ha avuto la capacità di mobilitare l’interesse della proprietà di tali case che apparivano in dismissione ed a forte rischio di degrado. I principali complessi sono riconducibili alla tipologia tipologia a schiera, con alcune varianti a “palazzetto” dotate di significativo decoro urbano.

Il programma integrato mostra una eccezionale capacità di incidere sul problema abitativo e del degrado del centro storico di IGLESIAS in quanto l’intervento privato è in significativamente concentrato sul recupero di alloggi vuoti e abbandonati, per lo più in forte e fortissimo degrado.

Precisamente, su 62 unità da recuperare, ben 22 sono alloggi vuoti, e non a caso in zessi è concentrato il degrado classificato “alto”, coincidente con alloggi che non possiedono requisiti di abitabilità.

Lo stato complessivo degli immobili quindi è fortemente diversificato, a seconda che si tratti di case ancora in uso, nelle quali sono state comunque effettuate manutenzioni di una certa continuità, oppure di edifici da tempo non più in uso, nel qual caso il degrado è spesso estremo, come sopra detto.

Le tipologie di intervento previste consistono diffusamente nel restauro delle facciate e (assai meno) delle coperture che hanno subito il degrado legato all’obsolescenza dei materiali ed all’interruzione delle pratiche manutentive. Minor rilievo hanno nel contesto delle operazioni di recupero previste le scale e gli impianti.

Non si riscontrano stati di lesioni diffuse da cedimenti del piano fondale; la risalita capillare di umidità appare circoscritta a singoli episodi e non diffusa per risalita generalizzata della falda. Si può quindi in linea generale attestare che sussistono tutte le condizioni per un effettivo recupero che dispieghi tutta la sua efficacia a seguito degli interventi proposti.

Globalmente, i progetti di recupero privato comportano una spesa stimata di € 987.850,12 dei quali € 402.333,94 a carico dei privati e € 585.516,18 richiesti a contributo a carico dei fondi della L.R. 29/98.
 
 

IL RECUPERO PUBBLICO

L’intervento da parte della mano pubblica è organizzato in modo tale da riconnettere l’insieme delle attività che il Comune ha messo in essere o programmato negli ultimi anni in materia di recupero del centro storico.

Nella realizzazione dei diversi programmi che interessano il centro storico si può fare riferimento ai differenti paesaggi che lo compongono: Il nucleo originario dell’abitato di Iglesias é situato su un piano inclinato, delimitato dal colle di Salvaterra sul lato Nord - Nord Est, dal colle di Buoncammino sul lato Ovest e dalla piccola altura su cui sorge la chiesa di N. S. delle Grazie; esso e sostanzialmente diviso in due regioni, una alta posta alle falde dei colli ed una bassa che si sviluppa sotto di essi.

La prima, detta “Sa Costera”, è caratterizzata da un tessuto viario che segue l’andamento delle curve di livello con strade prevalentemente irregolari e tortuose.

La seconda presenta un andamento più disteso ed isolati più consistenti, oltre ad una maggiore regolarità e articolazione delle strade. La seconda regione essendo più ricca di monumenti e di valori urbani è stata interessata dai primi Programmi di Intervento. In una fase successiva, ancora in corso, il maggiore interesse si è incentrato sul recupero delle vecchie mura e degli spazi circostanti.

Il programma attuale è mirato sugli spazi e sui percorsi di connessione fra gli episodi circoscritti della prima fase (Cinema Elettra, Piazza Municipio), la cinta muraria, le sue porte ed i monumenti con cui si integra:

  1. l’asse viario fra la Piazza Fenza e la Piazza Baudi di Vesme (Porta Nuova) è stato oggetto di interventi saltuari di riqualificazione, ed è attualmente l’unica parte del centro dotata delle pavimentazioni originali in pietra (conci regolari in granito);
  2. l’asse viario fra la Porta Sant’Antonio e la Porta Castello, è il percorso  di attraversamento del centro storico  fra la direttrice del Cixerri e la regione fluminese;
  3. i tessuti viari fra la piazza del Municipio ed il convento di San Francesco.

Gli interventi di riqualificazione previsti riguardano tutto il sistema delle pavimentazioni stradali, che verranno organicamente rifatte in pietra secondo modalità tradizionali che comprendono:

-     la ricostituzione della sezione stradale a cunetta centrale, con canaletta drenante in tozzetti o ciottoli;

-     la messa in opera di due guide parallele formate da lastroni in massello a spessore poggiati su letto di sabbia con deboli percentuali di legante.

È inoltre prevista la dotazione di un cavidotto per gli impianti e le reti tecnologiche e sottoservizi.

Il tutto si sviluppa per una superficie complessiva di mq. 90.613, distinti in tre itinerari:

  1. il primo dalla piazza Fenza alla porta Castello;
  2. il secondo dalla piazza Fenza alla via Baudi di Vesme;
  3. il terzo dalla piazza Municipio alla piazza San Francesco.

Infine fanno parte del programma i lavori di:

-     completamento del restauro del Palazzo Civico, il cui primo lotto si realizza con il Programma degli interventi di Riqualificazione urbana del 2002;

-     restauro della chiesa della Purissima e della Cattedrale Santa Chiara;

-     restauro del convento San Francesco.

I PRINCIPALI PARAMETRI DELL’INTERVENTO:

-     SUPERFICIE COMPLESSIVA INTERESSATA:
     90.613 mq sui 209.245 mq totali del centro storico – Zona A

-      VOLUMI PRIVATI INCLUSI NEL PROGRAMMA:
     56.404 mc su un totale di 384.297 mc residenziali dell’area – programma

-      VOLUMI PUBBLICI INCLUSI NEL PROGRAMMA:
     6.000 mc

-      VOLUMI TOTALI INCLUSI NEL PROGRAMMA:
     62.404 mc su un totale di 453.701 mc totali dell’area – programma

 

CONSISTENZA, DESTINAZIONE, PROPRIETÀ E STATO DEGLI IMMOBILI

Il presente Programma Integrato interessa, come già esposto nella Relazione Illustrativa, 62 immobili di proprietà privata destinati a permanere tali, per i quali sono previsti interventi in forma di Recupero Primario. Si tratta di case della dimensione media di circa 900 mc (circa 56.404 mc complessivi per le 62 unità), con punte superiori ai 4000 mc. L’attività di promozione del Programma da parte dell’amministrazione ha avuto la capacità di mobilitare l’interesse della proprietà di tali case che apparivano in dismissione ed a forte rischio di degrado. I principali complessi sono riconducibili alla tipologia a schiera, con alcune varianti a “palazzetto” dotate di significativo decoro urbano.

Nel particolare, le 62 unità immobiliari coinvolte dal Programma Integrato sono così caratterizzate:

-    22 unità sono disabitate, di cui 20 destinate ad uso residenziale ma caratterizzate da un alto stato di degrado (32,25% del totale del R.P.);

-    2 unità sono adibite ad uso esclusivamente commerciale ed 1 unità è invece destinata ad altri usi (confraternita religiosa);

-    in 6 unità la destinazione commerciale convive con quella residenziale, usualmente con la presenza al piano terra di piccole botteghe di generi alimentari od attività commerciali dalla significativa valenza sociale per il contesto in cui si trovano;

-    in 26 unità il tasso di degrado è segnalato come medio (41,93% del totale del R.P.), mentre il degrado è basso nelle rimanenti 16 unità (25,82% del totale del R.P.);

-    il numero totale dei vani coinvolti nel Programma Integrato è pari a 403, con una media di 6,5 vani per unità immobiliare.

Il Programma Integrato mostra una notevolissima capacità di incidere sul problema abitativo e del degrado del centro storico di Iglesias in quanto l’intervento privato è in significativamente concentrato sul recupero di alloggi vuoti e abbandonati, per lo più in forte e fortissimo degrado.

Precisamente, su 62 unità da recuperare, ben 22 sono alloggi vuoti, e non a caso in essi è concentrato il degrado classificato “alto”, coincidente con alloggi che non possiedono requisiti di abitabilità.

Lo stato complessivo degli immobili quindi è fortemente diversificato, a seconda che si tratti di case ancora in uso, nelle quali sono state comunque effettuate manutenzioni di una certa continuità, oppure di edifici da tempo non più in uso, nel qual caso il degrado è spesso estremo, come sopra detto.

Le tipologie di intervento previste consistono diffusamente nel restauro delle facciate e delle coperture che hanno subito il degrado legato all’obsolescenza dei materiali ed all’interruzione delle pratiche manutentive. Minor rilievo hanno nel contesto delle operazioni di recupero previste le scale e gli impianti.

Non si riscontrano stati di lesioni diffuse da cedimenti del piano fondale; la risalita capillare di umidità appare circoscritta a singoli episodi e non diffusa per risalita generalizzata della falda. Si può quindi in linea generale attestare che sussistono tutte le condizioni per un effettivo recupero che dispieghi tutta la sua efficacia a seguito degli interventi proposti.

Le dimensioni e lo stato di consistenza degli immobili in oggetto sono analiticamente riportati nell’allegato G “Elenchi catastali degli immobili oggetto del Programma”, che con le schede sintetiche relative definisce univocamente la qualità edilizia dell’intero intervento.

L’UTENZA ED I NUCLEI FAMILIARI

L’insieme delle unità abitative interessate al Programma consente, pur nella limitatezza delle quantità, di perseguire alcuni obiettivi rilevanti, su tutti il recupero a fini di residenza primaria del patrimonio abitativo inutilizzato.

Infatti, 22 unità su 62 risultano allo stato non occupate; con il Programma Integrato, queste unità, peraltro di dimensione non piccola, andranno a soddisfare ulteriori fabbisogni residenziali, che saranno così sottratti a forme di nuova occupazione di territorio in aree di espansione esterne. Si consideri che nelle restanti unità sono attualmente alloggiate 37 famiglie, per un totale di 181 persone, con una media di 4,9 abitanti per unità.

Secondo i dati dell’ultimo censimento (2001), nel centro storico di Iglesias sono residenti 2.947 persone (pari al 10,47% della popolazione residente nell’intero comune, ovvero 28.129), di cui 1.356 maschi e 1.591 femmine. Restringendo il campo d’analisi all’intero Programma Integrato, si è verificato che la popolazione residente nelle vie coinvolte è pari a 1.751 persone (di cui il 54% di sesso femminile), vale a dire il 59,41% dell’intera popolazione residente nell’intero centro storico. Tale popolazione occupa 700 unità abitative su 894 disponibili nell’intera area del Programma con una media di 2,5 persone residenti in ciascuna casa. È evidente la disparità tra la media dei residenti per ciascuna casa nella zona interessata dal P.I. (2,5) e quella relativa alle 62 case in analisi per il Recupero Primario (4,9).

Tali indici segnalano un alto grado di concentrazione di popolazione in un numero ristretto di edifici, a fronte di una quantità notevole di immobili non abitati a causa del loro alto tasso di degrado. L’avvio degli interventi di Recupero Primario presentati permetterebbe di restituire all’uso residenziale un terzo del patrimonio immobiliare in esame, allevIando in maniera sostanziale la presente situazione di disagio.

 

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